Sostenibilità

Il lungo cammino dell’Italia protetta

Al di là di tante considerazioni, prese di posizione, richieste, appelli, penso che la vera e concreta nascita della cosiddetta “Italia protetta” possa situarsi il 9 settembre 1922...

di Fulco Pratesi

Al di là di tante considerazioni, prese di posizione, richieste, appelli, penso che la vera e concreta nascita della cosiddetta ?Italia protetta? possa situarsi il 9 settembre 1922 quando, come ricorda un?iscrizione incisa nella roccia all?entrata del paese di Pescasseroli, «con grande concorso di popolazione locale e di autorità nazionali», venne fondato il Parco nazionale d?Abruzzo su base volontaria e popolare, sancita, pochi mesi dopo, da una legge del parlamento italiano, in data di poco successiva a quella che istituiva il Parco nazionale Gran Paradiso. Da questi riconoscimenti ufficiali prese l?avvìo un processo virtuoso, che avrebbe dovuto dotare l?Italia di altri parchi, dalla Sila al Gennargentu, dalle Dolomiti all?Etna, come già allora molte menti elevate prospettavano. Ma poi il processo si arrestò.

E si dovette arrivare fino al 1934 quando, per salvare le ultime reliquie delle famose Paludi Pontine ?redente? dalla bonifica e per celebrare le terre del Trentino Alto Adige, anch?esse ?redente? dalla Grande guerra, il governo fascista fondò prima il Parco nazionale del Circeo e poi (nel 1935) quello dello Stelvio.

A questi due exploit seguirono altri anni di silenzio, rotti solo dalla creazione, nel 1968, del criticato Parco nazionale della Calabria, fondato su uno spezzatino di aree già di proprietà e gestite dal Corpo forestale dello Stato, in Aspromonte e sulla Sila.

All?epoca della comparsa sulla scena civile delle associazioni ambientaliste come Italia Nostra (1955) e WWF (1966), la superficie totale protetta in parchi e riserve del nostro paese non superava lo 0,63% dell?intero territorio nazionale. Fu negli anni 70, grazie all?azione incisiva delle associazioni e alla disponibilità di un grande ministro dell?Agricoltura, Giovanni Marcora, che l?ambizioso progetto indirizzato ad ampliare la dotazione di aree protette italiane, riprese a camminare.

Vi furono gli ampliamenti dei parchi nazionali dello Stelvio, del Gran Paradiso, del Circeo e d?Abruzzo, ci fu l?istituzione di tante riserve naturali da parte dei Forestali, ci furono (dal 1967) le Oasi del WWF e, in seguito, della Lipu. Poi, con la famosa Sfida del 10% lanciata dal WWF e dal Comitato Parchi, sfida tesa a dotare l?Italia di almeno un decimo di territorio sottratto alle manomissioni, si mise mano ad una legge quadro per le aree protette che nel 1991 dette inizio ad un lungo cammino per istituire altri parchi, riserve, oasi, riserve marine per garantire la tutela agli ecosistemi e ai paesaggi più significativi del Belpaese.

E oggi, dopo tante battaglie, alcune vinte e altre perse (vedi il vergognoso caso del Gennargentu di cui su queste pagine scrive Antonio Canu) possiamo dire che circa il 10% del nostro paese gode di una qualche protezione. Un successo di cui bisogna essere grati, in primis alle associazioni ambientaliste e al parlamento, ma anche ai parchi storici, tra i quali soprattutto il Parco nazionale d?Abruzzo, Lazio e Molise che ha saputo, tra terribili battaglie, coniugare una efficace tutela della natura con uno sviluppo armonico ed equilibrato delle comunità locali.

E l?aumento, documentato, di tante specie animali già votate all?estinzione, come il lupo italico e l?orso marsicano, il camoscio d?Abruzzo e il cervo sardo, l?avvoltoio grifone e il fenicottero, il gipeto e l?orso delle Alpi, testimonia del successo della rete delle aree protette che, a partire da quel lontano settembre del 1922, oggi onora l?Italia anche nel panorama europeo.
Fulco Pratesi, presidente WWF Italia

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